Libro I, 89 - 117 Pagina 2 - Civiltà Greca

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95. [1] Il carattere violento di costui aveva già prodotto irritazione presso gli altri Elleni, particolarmente gli Ioni e quanti da poco erano stati liberati dalla soggezione al Re. Essi si rivolsero agli Ateniesi,
chiedendo che accettassero il comando supremo su di loro per i vincoli di schiatta che li univano, e che non permettessero a Pausania di commettere prepotenze. [2] Gli Ateniesi accolsero l’offerta, e
dimostrarono grande zelo, fermamente decisi a non lasciar passare inosservato alcun atto di arbitrio da parte di Pausania, e quanto al resto di disporre le cose secondo il loro utile maggiore.
[3] In questo torno di tempo Sparta richiamò Pausania per esigere risposta sui fatti di cui le giungeva notizia. Era infatti accusato di molte irregolarità dagli Elleni reduci dalla spedizione. Si diceva tra l’altro che si rivelasse piuttosto un imitatore di tiranni anziché un comandante di esercito. [4] La sua chiamata in giudizio cadde nello stesso periodo in
cui gli alleati, tranne le truppe del Peloponneso, per avversione contro di lui passarono dalla parte di Atene.
[5] Giunto a Sparta, Pausania delle illegalità private ai danni di alcuni fu ritenuto reo, ma fu prosciolto delle imputazioni più gravi: perché non in colpa. L’accusa principale rivoltagli era di nutrire simpatie
sospette per la Persia: e su questo pare non ci fosse dubbio. [6] Fatto sta che non mandarono più lui come comandante, ma Doride, con alcuni altri colleghi e un piccolo esercito. A costoro però gli alleati non
affidarono più il comando supremo.
[7] Capita la situazione, i generali se ne andarono, e in seguito Sparta non inviò più altri capi d’esercito per timore che all’estero si corrompessero, secondo l’esperienza fatta con Pausania. Inoltre
volevano sbarazzarsi della guerra contro la Persia; riconoscevano agli Ateniesi la capacità di assumere il comando supremo, e giudicavano buoni in quel tempo i rapporti tra Atene e Sparta.
Il costituirsi del dominio ateniese
96. [1] Gli Ateniesi, assunto in questa maniera il comando supremo per volontà degli alleati – a causa dell’odio contro Pausania – fissarono l’importo dei contributi, sia di quelle città che dovevano versare denaro
per la lotta contro i barbari, sia di quelle che dovevano fornir navi. Lo scopo ufficiale della lega era quello di devastare i domini del Re, per vendicarsi dei danni sofferti.
[2] Allora per la prima volta Atene istituì l’ufficio degli ellenotami, che esigevano il phóros (nome dato al contributo finanziario degli alleati). Il phóros fu fissato per il primo anno in quattrocentosessanta talenti.
La sede del tesoro della lega fu Delo, e le adunanze della lega si tenevano nel santuario.
97. [1] Stando a capo degli alleati – che da principio erano autonomi e tenevano consiglio in adunanze generali – nell’intervallo che corre tra la guerra persiana e questa del Peloponneso, Atene con le armi e la politica s’impegnò nella serie di imprese che ora descrivo, e che essa svolse contro i barbari, contro gli alleati ribelli e contro quelle città del Peloponneso con le quali volta per volta veniva a contrasto.
[2] Ho voluto esporre queste imprese, aprendo così una digressione nella mia storia, per la ragione che tutti i miei predecessori hanno trascurato questo periodo. Essi si sono occupati o della storia ellenica
prima della guerra persiana o della stessa guerra persiana. Quello di loro che di questa parte si è almeno interessato, Ellanico, l’ha trattata di scorcio, e la sua cronologia non è esatta. Oltre a ciò questa digressione ci
prova come si sia costituito il dominio ateniese.
[Una serie di spedizioni punitive di Atene.]
98. [1] Anzitutto Atene, sotto il comando di Cimone, figlio di Milziade, prese con assedio Eione sullo Strimone, occupata dalla Persia, e la ridusse in servitù. [2] Quindi ridusse in servitù Sciro, isola
dell’Egeo, abitata dai Dolopi, e vi inviò coloni propri. [3] Inoltre sostenne contro i Caristi una guerra senza che vi partecipassero gli altri Eubei, e dopo qualche tempo venne a un accordo. [4] Dopo guerreggiò
contro i Nassi ribelli, e li sottomise con assedio. Questa fu la città alleata che fu asservita per prima, contro l’ordinamento vigente della lega; ci passarono poi anche le altre ad una ad una in circostanze varie.
99. [1] Tra le altre cause di defezioni degli alleati le più importanti erano casi di parziale versamento del phóros, e la parziale o totale astensione dal contributo in navi. Giacché Atene procedeva con rigore
nella riscossione del phóros, e il suo pugno di ferro scendeva molesto su gente che, non avvezza, non intendeva affrontare gli strapazzi della guerra. [2] Ma anche per altre ragioni la signoria ateniese non era più
gradita come prima. Nelle spedizioni comuni costoro non occupavano una posizione di parità con gli alleati, ed era loro molto agevole sottomettere i ribelli.
[3] La colpa di ciò ricadeva sugli stessi alleati. Infatti per la loro riluttanza al servizio militare, i più, pur di non allontanarsi dalla loro
città, consentivano al versamento di un’imposta, corrispondente alle navi non fornite. Così i fondi dei loro contributi servivano allo sviluppo della flotta ateniese, mentre loro, in caso di rivolta, si trovavano ad affrontare
la guerra impreparati e senza esperienza.
100. [1] Dopo di ciò si ebbe in Panfilia, sul fiume Eurimedonte, una battaglia terrestre e navale di Atene e degli alleati contro la Persia.Rimasero vincitori nello stesso giorno in tutti e due gli scontri gli
Ateniesi, che, comandati da Cimone figlio di Milziade, presero e distrussero in tutto circa duecento triremi fenicie.
[Lo scontro con Taso.]
[2] In seguito avvenne che i Tasi si ribellarono ad Atene per contrasti a proposito della miniera e degli sbocchi commerciali della costa tracia prospiciente, che appartenevano a loro. Gli Ateniesi
salparono contro Taso, vinsero i Tasi in battaglia navale, e sbarcarono nel loro territorio. [3] Presso a poco in quel tempo inviarono sullo Strimone diecimila coloni, concittadini e alleati, coi quali intendevano colonizzare la località
detta allora Nove Vie e adesso Anfipoli. S’impadronirono di Nove Vie, occupata dagli Edoni: ma, inoltrandosi nell’interno della Tracia, furono annientati a Drabesco edonica dalle forze unite di tutti quei Traci, che
consideravano la fondazione della colonia atto di ostilità.
101. [1] Vinti in alcuni scontri e assediati, i Tasi si rivolsero a Sparta chiedendo che venisse in loro soccorso, invadendo l’Attica. [2] Sparta, di nascosto da Atene, promise – e stava per mantenere, se non ne fosse
stata impedita da un terremoto. Fu anzi in questa circostanza che le si
ribellarono gli Iloti, i Perieci di Turia e gli Etei, trasferendosi a Itome.
La maggior parte degli Iloti erano discendenti degli antichi Messeni, a
suo tempo ridotti in schiavitù, onde furono tutti chiamati Messeni. [3]
Sicché Sparta si trovò di fronte ad una guerra contro i ribelli di Itome. E
i Tasi nel terzo anno di assedio capitolarono di fronte ad Atene.
Abbatterono le mura, consegnarono la flotta; consentirono a versare
immediatamente un’indennità in denaro, secondo le somme stabilite,
impegnandosi per il futuro a fornire regolare tributo; e rinunciarono ai
possessi sul continente e alla miniera.
[Anche Sparta deve reprimere delle rivolte e chiede aiuto ad Atene. Si
rompe l’alleanza formale tra le due città (462).]
102. [1] La guerra di Sparta contro i ribelli di Itome andava per le lunghe, ed essa chiamò in aiuto, tra altri alleati, gli Ateniesi, che accorsero con notevoli forze, sotto il comando dello stratego Cimone.
[2] La ragione speciale per cui Sparta li aveva chiamati era la loro fama di valentia nella guerra di fortezza; ma poiché ebbe luogo un lungo assedio formale, apparvero inferiori alla fama:
ché altrimenti avrebbero conquistato la piazzaforte d’assalto. [3] Questa campagna fu la prima causa di ostilità aperta tra Sparta e Atene. Non si riusciva a prendere d’assalto la piazzaforte. Intanto l’intrepidezza e lo spirito rivoluzionario degli Ateniesi preoccupavano Sparta (tanto più che prendeva in considerazione anche la diversità di stirpe): e se – rimanendo nel Peloponneso – gli Ateniesi, per suggestione dei ribelli di Itome, avessero
tentato un colpo di testa? Onde Sparta, degli alleati, rimandò loro soli, senza rivelare questi sospetti: dichiarando che non ne aveva più nessun bisogno. [4] Ma gli Ateniesi indovinarono una ragione meno confessabile del rinvio: la diffidenza che era sorta; e offesi e sdegnati di questo trattamento di Sparta, ruppero l’alleanza con essa stretta contro la Persia, si allearono con i suoi nemici, gli Argivi, e gli uni e gli altri
confermarono insieme, con giuramenti, un’alleanza comune con i Tessali.
103. [1] Frattanto i ribelli di Itome, non potendo sostenersi più a lungo, convennero con Sparta in questi accordi: un salvacondotto per uscire dal Peloponneso e divieto di rientrarvi, dopodiché se uno li
sorprende, divengono schiavi di chi li cattura. [2] Già un antico oracolo pitico aveva ordinato a Sparta «di lasciar in libertà chi li supplicasse in nome dello Zeus di Itome». [3] I ribelli emigrarono: loro, i figli, le
donne. E Atene, per l’ostilità che ormai nutriva contro Sparta, li accolse e li fece stabilire a Naupatto, da poco tolta ai Locri Ozoli.
[Avvicinamento fra Atene e Megara. Lo scontro con i Corinzi nel 460 e il contemporaneo intervento in Egitto.]
[4] Entrò in alleanza con Atene anche Megara, staccandosi da Sparta, perché Corinto, per ragioni di confine, la teneva impigliata in una guerra. Sicché Atene occupò Megara e Peghe, eresse per i Megaresi
le Mura Lunghe dalla città a Nisea, e vi stabilì una propria guarnigione. Questo fu il primo e principale motivo che diede origine al fiero odio tra Corinto e Atene.
104. [1] Intanto Inaro figlio di Psammetico, libico, re dei Libi confinanti con l’Egitto, muovendo da Marea, la città sopra Faro, indusse gran parte dell’Egitto alla rivolta contro il re Artaserse e, assuntone il
comando, invocò l’appoggio di Atene. [2] Gli Ateniesi trovandosi a condurre una spedizione contro Cipro con una flotta di duecento navi proprie e alleate, lasciarono Cipro, e accorsero. Risalito il Nilo dal mare,
padroni del fiume e di due terzi di Menfi, attaccarono la terza parte della città, detta le Mura Bianche, dove erano acquartierati Persiani e Medi, e le truppe egiziane che non avevano preso parte alla rivolta.
105. [1] Frattanto gli Ateniesi, sbarcati ad Alie, sostennero contro Corinzi ed Epidauri una battaglia, vinta dai Corinzi. In seguito gli Ateniesi combatterono a Cecrifalia con la flotta peloponnesiaca,
rimanendo vincitori. [2] Dopo di ciò si ebbe ad Egina una grande battaglia navale tra Ateniesi ed Egineti (li fiancheggiavano rispettivamente gli alleati) con vittoria degli Ateniesi, che presero
settanta navi degli Egineti, sbarcarono nella loro terra e misero l’assedio alla città, condotti dallo stratego Leocrate figlio di Stroibo. [3] Allora i Peloponnesi, per soccorrere gli Egineti, inviarono ad
Egina trecento opliti – prima truppe ausiliarie dei Corinzi e degli Epidauri – e occuparono le alture della Gerania. I Corinzi con gli alleati scesero nella Megaride, ritenendo che gli Ateniesi non avrebbero
avuto modo di aiutare i Megaresi, privi delle forze notevoli che tenevano ad Egina e in Egitto, e che, se fossero accorsi, avrebbero dovuto sgombrare da Egina. [4] Ma gli Ateniesi non toccarono l’esercito di
Egina; e i più anziani e i più giovani degli uomini rimasti nella città giunsero a Megara sotto il comando dello stratego Mironide. [5] Dopo uno scontro di risultato incerto con i Corinzi, le due parti si separarono,
senza che nessuna delle due riconoscesse di avere avuto sul campo la peggio. [6] Allontanatisi i Corinzi, gli Ateniesi (che in realtà si erano pur sempre avvantaggiati) eressero un trofeo. I Corinzi furono male accolti
dai concittadini anziani, che erano rimasti nella città; si prepararono di nuovo, e dopo circa dodici giorni tornarono a contrapporre il proprio trofeo in segno di vittoria. Gli Ateniesi, accorsi da Megara, uccisero
quelli che erigevano il trofeo e, venuti alle mani con gli altri, li batterono.
106. [1] I Corinzi, vinti, ripiegavano. E una parte di essi, che dura pressione costringeva a ritirarsi, perdette la strada, andandosi a cacciare nel terreno di un privato, cinto da una gran fossa e senza via di scampo.
[2] Gli Ateniesi se ne accorsero. Di fronte li chiusero con gli opliti, tutt’intorno disposero gli armati alla leggera, e li lapidarono in massa lì dove si trovavano. Fu questo un fiero colpo per i Corinzi. Tuttavia il
grosso dell’esercito tornò in patria.
[Atene avvia il collegamento tra le mura della città e le mura dei suoi porti. La battaglia di Tanagra.]
107. [1] Cominciarono press’a poco allora gli Ateniesi a costruire anche le Lunghe Mura, che vanno fino al mare: quelle fino al Falero, e quelle fino al Pireo. [2] Quando i Focesi intrapresero la campagna contro la Doride, metropoli di Sparta, ove si trovano Beo, Citinio, Erineo, e presero una
di queste cittadine, i Lacedemoni, sotto il comando di Nicomede figlio di Cleombroto – al posto del re Plistoanatte figlio di Pausania che era ancora giovane – accorsero in aiuto dei Dori con millecinquecento dei
loro opliti e diecimila degli alleati. Costrinsero i Focesi a capitolare e a restituire la città, e si mossero per il ritorno. [3] Intanto per mare – se avessero voluto passare dal golfo di Crisa gli Ateniesi, che avevano
circumnavigato con la flotta, con ogni probabilità li avrebbero trattenuti; e il valico della Gerania non appariva loro sicuro, occupando gli Ateniesi Megara e Peghe. La Gerania è impervia, e gli Ateniesi vi
tenevano continua guardia, e adesso i Corinzi apprendevano che gli Ateniesi volevano troncar loro anche questa via. [4] Decisero di rimanere in Beozia, a studiarvi la più sicura via d’uscita. Del resto anche
alcuni cittadini ateniesi cercavano di nascosto di attirarli presso di loro: nella speranza di potere abbattere la democrazia e di interrompere la costruzione delle Lunghe Mura. [5] Fu allora che comparvero, contro i
Lacedemoni, gli Ateniesi con tutte le loro forze, mille Argivi, e singoli reparti degli altri alleati: in tutto quattordicimila uomini. [6] Questa offensiva contro i Lacedemoni era dovuta alla persuasione che essi non
sapessero come uscire, e in parte anche al sospetto ateniese che si preparasse un colpo di stato contro la democrazia. [7] Venne in aiuto agli Ateniesi – in forza del patto d’alleanza – la cavalleria tessala, che
però durante lo scontro passò agli Spartani.
108. [1] La battaglia avvenne a Tanagra di Beozia; vinse Sparta con gli alleati, con grande strage da ambo le parti. [2] I Lacedemoni entrarono nella Megaride, di cui tagliarono gli alberi, e rimpatriarono attraverso la Gerania e l’Istmo. Gli Ateniesi nel sessantaduesimo giorno dalla battaglia marciarono contro i Beoti con a capo lo stratego Mironide. [3] Batterono i Beoti nella battaglia di Enofiti,
s’impadronirono della Beozia e della Focide, distrussero le mura di Tanagra, presero come ostaggi i cento più ricchi cittadini tra i Locri Opunzi, e condussero a termine le Lunghe Mura. [4] Dopo ciò anche
Egina capitolò, col patto di abbattere le mura, consegnare la flotta, e versare un tributo per l’avvenire. [5] La flotta ateniese circumnavigò
il Peloponneso sotto il comando dello stratego Tolmide figlio di Tolmeo, fu arsa la base navale di Sparta e presa la città corinzia di Calcide, e,
sbarcate a terra le truppe, batterono in uno scontro i Sicioni.
[Il collasso del corpo di spedizione ateniese in Egitto. Altri interventi militari di Atene in Tessaglia e nel Peloponneso.]
109. [1] Gli Ateniesi d’Egitto e gli alleati continuarono a rimanervi; e la loro campagna ebbe molte vicende. [2] Da principio l’Egitto era in mano agli Ateniesi; e il Re mandò a Sparta Megabazo – personaggio
persiano – con una somma di denaro, per convincere i Peloponnesi a invadere l’Attica, e così indurre Atene a ritirarsi dall’Egitto: [3] piano che fallì; il denaro fu speso inutilmente; e Megabazo col resto del denaro tornò in Asia.
Allora il Re mandò Megabizo figlio di Zopiro – personaggio persiano – con un forte esercito. [4] Costui, al suo arrivo, sconfisse in battaglia terrestre gli Egiziani con gli alleati; cacciò da
Menfi gli Elleni, chiudendoli infine nell’isola Prosopitide, ove li tenne assediati per un anno e sei mesi. Dopo di che, prosciugato il canale col farne deviare altrove le acque, mise in secco la flotta ateniese, e
congiunse col continente gran parte dell’isola. Così passò, e prese l’isola per via di terra. 110. [1] Tale fu la disastrosa conclusione, dopo sei anni di guerra, di questa spedizione degli Elleni. Di molti pochi si salvarono, passando a
Cirene attraverso la Libia: i più perirono. [2] L’Egitto tornò sotto il Re, tranne Amirteo che regnava sulle paludi del basso Nilo. Data la vastità delle paludi, era impossibile averne ragione; anche perché la
popolazione delle paludi è la più bellicosa dell’Egitto. [3] Inaro, il re dei Libi, responsabile di tutto il movimento egizio, fu preso a tradimento e crocifisso. [4] Cinquanta triremi in rotta – da Atene e dagli altri stati
della lega – verso l’Egitto, per il cambio delle truppe, approdarono al braccio di Mendes, ignare di tutto. Corsero loro addosso dal continente truppe di fanteria, e dalla parte del mare una flotta fenicia;
sicché il più delle navi calò a picco: un minor numero riuscì a sfuggire. Così ebbe termine la grande spedizione degli Ateniesi e degli alleati in Egitto.
111. [1] Oreste, figlio del re tessalo Echecratide, cacciato dalla Tessaglia, persuase gli Ateniesi a ricondurlo in patria. Gli Ateniesi presero con sé i Beoti e i Focesi – alleati – e marciarono contro la città
tessalica di Farsalo. Iniziarono la conquista del territorio, per quanto ciò era possibile, senza allontanarsi molto dall’accampamento (la cavalleria tessalica ne impediva i movimenti), ma non presero la città né
raggiunsero alcun altro degli scopi della spedizione; e se ne tornarono indietro con Oreste, senza concludere. [2] Non molto dopo questa campagna, mille Ateniesi, imbarcatisi sulla flotta a Peghe (che era in loro possesso), costeggiarono fino a Sicione – sotto il comando dello stratego Pericle figlio di Santippo – sbarcarono, e, poiché i Sicioni vennero alle mani, li sconfissero in battaglia. [3] Allora senz’altro presero con sé gli Achei, e, passati con la flotta dalla parte opposta, marciarono contro Eniade d’Acarnania, l’assediarono, ma non la presero, e rimpatriarono.
112. [1] Dopo, a distanza di tre anni, si stipulò un trattato quinquennale tra Peloponnesi e Ateniesi. [1] Quindi gli Ateniesi si astennero da ostilità contro gli Elleni, e intrapresero invece una
spedizione contro Cipro,1 forti di duecento navi proprie e degli alleati, sotto il comando dello stratego Cimone. [3] Sessanta di queste unità furono dislocate per l’Egitto, per invito di Amirteo, il re delle paludi; le
altre assediarono Cizio. [4] Ma, morto Cimone e scoppiata una carestia, gli Ateniesi si ritirarono da Cizio. Giunti per mare all’altezza di Salamina Cipria, diedero battaglia navale e terrestre ai Fenici, ai Cipri
e ai Cilici, e, riportata una doppia vittoria, rimpatriarono. Erano con loro le navi tornate dall’Egitto. [5] Dopo questi fatti Sparta combattè la guerra cosiddetta sacra, e, impadronitasi del santuario delfico, lo consegnò ai Delfi. Ma dopo, a sua volta, ritiratasi Sparta, Atene con una spedizione se ne impadronì, e lo consegnò ai Focesi.
113. [1] Trascorso qualche tempo dopo ciò, i fuorusciti beoti occuparono Orcomeno, Cheronea, e alcuni altri punti della Beozia. Gli Ateniesi si mossero contro questi centri nemici con mille opliti propri e
singoli reparti degli alleati, sotto il comando dello stratego Tolmide figlio di Tolmeo. Presero Cheronea, ne ridussero a schiavitù gli abitanti e, stabilitavi una guarnigione, si allontanarono. [2] Durante la marcia, a
Coronea, li assalirono i fuorusciti beoti di Orcomeno, e con loro i Locri, e fuorusciti eubei con tutto il seguito del loro partito. Vinsero la battaglia; e gli Ateniesi parte furono uccisi, e parte presi prigionieri. [3]
Atene sgombrò tutta la Beozia, dopo aver concluso un trattato che le accordava di riprendersi i prigionieri e le salme dei caduti. I fuorusciti beoti rimpatriarono, e con tutti gli altri Beoti riebbero l’autonomia.
114. [1] Non molto dopo l’Eubea si ribellò ad Atene. Quando Pericle con un esercito ateniese era già passato nell’isola, ricevette la notizia che Megara si era ribellata, che i Peloponnesi intendevano invadere l’Attica, e che i Megaresi avevano distrutto la guarnigione di Atene – tranne quelli che erano fuggiti a Nisea Megara si era ribellata dopo aver invocato l’aiuto di Corinto, Sicione ed Epidauro. Pericle si
affrettò a ricondurre l’esercito dall’Eubea. [2] Dopo di che i Peloponnesi, sotto il comando del re spartano Plistoanatte figlio di Pausania, invasero l’Attica fino ad Eleusi e Trio – di cui guastarono il territorio – e, senza più spingere oltre l’avanzata, rimpatriarono. b[3] Gli Ateniesi, tornati in Eubea sotto il comando dello stratego Pericle, la sottomisero per intero, e, con trattati, diedero a tutte le città dell’isola una costituzione conforme al loro interesse, fuorché
nell’Estica, di cui cacciarono gli abitanti, ed occuparono essi stessi la terra.
[La pace trentennale con Sparta (446-445) e la guerra contro Samo.]
115. [1] Poco dopo il ritorno dall’Eubea conclusero una pace trentennale con Sparta e i suoi alleati, restituendo Nisea, Peghe, Trezene e l’Acaia. Erano questi i territori peloponnesiaci sotto il dominio di Atene.
[2] Dopo cinque anni scoppiò, a causa di Priene, una guerra tra Samo e Mileto. I Milesi – che nella guerra avevano la peggio – vennero ad Atene per un’energica protesta contro i Sami, con l’appoggio di
personaggi privati di Samo stessa, che volevano istituirvi una nuova costituzione. [3] Gli Ateniesi dunque salparono con quaranta navi alla volta di Samo, vi stabilirono una democrazia, presero come ostaggi
cinquanta fanciulli sami e altrettanti cittadini adulti – che misero al sicuro a Lemno – e, lasciatavi una guarnigione, si ritirarono. [4] Dei Sami alcuni che non vi erano rimasti, ma erano fuggiti nel
continente, si allearono con i capi dell’aristocrazia cittadina, e con Pissutne figlio di Istaspe, che era allora signore di Sardi; e, raccolti fino a settecento uomini come truppa ausiliaria, passarono di notte a
Samo. [5] Anzitutto si sollevarono contro i democratici e si impadronirono della maggior parte di essi; poi, sottratti da Lemno i loro ostaggi, si ribellarono ad Atene, consegnarono a Pissutne la guarnigione
e i rappresentanti del governo ateniese presso di loro, e immediatamente si diedero a preparare la spedizione contro Mileto. Alla ribellione presero parte anche i Bizantini.
116. [1] A questa notizia gli Ateniesi salparono con sessanta navi alla volta di Samo; ma di sedici tra queste non si servirono, perché in parte furono inviate in Caria a tener d’occhio le navi fenicie, in parte a
Chio e a Lesbo per esigere aiuti. Con quarantaquattro navi – di cui era a capo lo stratego Pericle con nove colleghi – si batterono per mare presso l’isola di Traghia contro settanta navi samie, di cui venti erano alleate, e
tutte provenivano da Mileto. La vittoria arrise agli Ateniesi. [2] Quindi accorsero da Atene quaranta navi, e da Chio e Lesbo venticinque. Sbarcati, forti della superiorità delle loro truppe, bloccarono la città da
tre parti con mura, e anche dalla parte del mare. [3] Intanto Pericle tolse dalle navi che formavano il blocco sessanta unità, e corse a Cauno in Caria, poiché gli era stato riferito che una flotta fenicia era in rotta
contro quella ateniese. Infatti anche da Samo Stesagora e altri si erano imbarcati su cinque navi per andare a prendere la flotta fenicia.
117. [1] In questa circostanza i Sami, piombando con improvvisa sortita sulla squadra navale indifesa, affondarono le navi di guardia e,
ingaggiando battaglia contro la flotta che si fece incontro, la sconfissero. Così, per circa quattordici giorni, signori del loro mare, importavano ed esportavano ciò che volevano. [2] Ma col ritorno di Pericle ricominciò il
blocco della flotta. In seguito da Atene accorsero altre quaranta navi sotto il comando di Tucidide, Agnone e Formione, venti sotto quello bdi Tlepolemo e Anticle, trenta da Chio e da Lesbo.
[3] I Sami diedero una battaglia navale di poca importanza; ma, nell’impossibilità di sostenersi, nel nono mese furono presi perb assedio, e capitolarono. Abbatterono le mura, diedero ostaggi,
consegnarono la flotta, e si obbligarono a scontare a rate le spese di guerra. Anche i Bizantini si obbligarono a rimanere soggetti come prima.
118. [1] Dopo ciò, non passarono molti anni che accaddero i fatti suesposti di Corcira e di Potidea, e ogni altro che divenne motivo ufficiale di questa guerra.
[2] Tali avvenimenti tutti nel loro complesso,  di rapporti fra Elleni, come tra Elleni e Persiani, occuparono circa un cinquantennio tra la ritirata di Serse e questa guerra. Durante il quale Atene diede alla sua politica egemonica un tono più intransigente, e la madrepatria salì a grande potenza. Sparta, pur accorgendosene, non fece tentativi, se non insignificanti, per impedire ciò: rimase, in genere, passiva; non era nellesue abitudini decidersi alla guerra con facilità,
se non si fosse trattato di forza maggiore, e in parte era anche trattenuta da guerre civili. Finché infine la potenza di Atene non rifulse chiaramente; e Atene non cominciò a prendersela anche con gli alleati di Sparta: allora questa capì di non poter più condurre una politica di acquiescenza, ma di dover correre all’offensiva, per abbatterne la potenza, se le riuscisse, prendendo l’iniziativa di questa guerra.
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