La Città - Civiltà Greca

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LA PRIMA CITTA’
Nella seconda parte sono rappresentate due città, che qui dividiamo per motivi di spazio (la seconda città la troverete nel post di domani). Si tratta di due realtà molto diverse, che sono un topos letterario: la prima, infatti, è una città in pace, dove tutto si svolge secondo le leggi, in assoluta armonia. E se per caso nasce una contesa, per risolverla si ricorre alla giustizia. La seconda è una città in guerra. Vediamo la prima delle due!
“Vi fece poi due città di mortali, belle. In una c’erano nozze e banchetti; spose dai talami sotto fiaccole luccicanti andavano per la città; “Imeneo!” di continuo si gridava, giovani danzatori ballavano in tondo, e fra di loro flauti e cetre risuonavano; le donne in piedi ammiravano, ciascuna sotto il suo portico. E c’era gente radunata in piazza: qui una contesa scoppiava: due uomini litigavano per il compenso d’un morto; uno dichiarava d’aver dato tutto, dicendolo in pubblico, l’altro negava d’aver avuto niente: entrambi ricorrevano al giudice, per aver un verdetto, il popolo applaudiva entrambi, favorevoli ora a questo ora a quello; gli araldi trattenevano il popolo; i vecchi sedevano in sacro cerchio su pietre levigate, tenevano in mano i bastoni degli araldi dalle voci possenti, con questi allora si alzavano e dicevano a turno il parere; in mezzo stavano due talenti d’oro da dare a chi di loro dicesse più equa sentenza.”
Nell’immagine, corteo nuziale su vaso attico (IV a.C.).


                         2  LA SECONDA CITTA’
La seconda città è colta in un momento drammatico, mentre è circondata da schiere nemiche. Esercito cittadino ed esercito nemico si affrontano fuori dalle mura, lungo il fiume, mentre donne, vecchi e bambini sono all’interno.
“All’altra città si schieravano intorno due popoli armati, brillando nell’armi; doppio parere era gradito fra loro, o distruggere tutto o dividere in due la ricchezza che la bella città racchiudeva; quelli però non obbedivano, ma s’armavano per un agguato. Il muro, le amate spose e i piccoli figli con animo difendevano, e con loro gli uomini gravati dalla vecchiaia; gli altri avanzavano, sotto la guida di Ares e Pallade Atena, entrambi in oro, indossavano vesti d’oro, belli e grandi con l’armi, come dèi ben visibili ovunque; gli uomini invece erano più piccoli. E quando arrivarono dove volevano tendere l’agguato, nel fiume, dove tutte le mandrie si abbeveravano, qui appunto si accovacciarono, coperti dal lucido bronzo; e v’erano un po’ più in disparte due spie dell’esercito, a osservare quando vedessero le greggi e i pingui buoi. Presto quelli vennero avanti, due pastori li seguivano, che col flauto si rallegravano, non sospettando nessun agguato. Essi, vedendoli, corsero e subito a pezzi fecero le mandrie dei buoi, le belle greggi di bianche pecore, e uccisero i pastori. Ma gli altri, come udirono il gran frastuono tra i buoi mentre sedevano in assemblea, subito sopra i veloci cavalli balzarono, li inseguirono e li raggiunsero; e fermatisi combattevano lungo le sponde del fiume; gli uni colpivano gli altri con le lance di bronzo; Lotta e Tumulto vennero alle mani e la Chera funesta afferrava ora un vivo ferito, ora un illeso o un morto trascinava per i piedi in mezzo al tumulto. Una veste portava sopra le spalle, annerita dal sangue umano. E come fossero uomini vivi si azzuffavano e lottavano e trascinavano i corpi senza vita degli uni e degli altri.”


                              3 L’ARATURA
Alla vita cittadina, segue la descrizione del lavoro nei campi: si ara e si rivoltano le zolle di terra. È una terra nera, che fa presagire un ricco raccolto. La stanchezza dei contadini è attenuata dal vino dolcissimo che bevono ogni volta che raggiungono la fine del campo.
“Vi pose anche un molle maggese, fertile campo, largo, arato tre volte; e qui molti aratori, volgendo in giro i buoi aggiogati, li spingevano di qua e di là: e quando giungevano alla fine del Campo, una volta girati, allora una coppa di vino dolcissimo in mano poneva loro un uomo, avvicinandosi; e solco per solco rivoltavano in su, con gran voglia di arrivare alla fine del maggese profondo. Dietro nera si faceva la terra, pareva arata, pur essendo d’oro; e gran meraviglia faceva.”
Nell’immagine, vaso greco usato per versare il vino (fine VII a.C.)


                     4 LA MIETITURA
Anche il raccolto è un momento importante dell’anno agricolo. Così, lo scudo ci offre l’immagine dei contadini che mietono: chi taglia il grano con la falce, chi lo lega con legacci di paglia, chi prepara un banchetto per festeggiare il raccolto. Tra tutte queste figure, c’è anche quella del re, a cui in parte vanno i prodotti del campo: egli osserva il lavoro degli uomini “allegro in cuore”. L’annata è stata buona!
“Vi pose ancora un terreno regale; qui mietitori mietevano, con falci affilate in mano; il grano in parte sul solco cadeva fitto per terra, in parte i legatori lo fermavano con legacci di paglia; tre legatori osservavano in piedi; ma dietro, dei giovani, portando le spighe a bracciate, le davano continuamente. Il re tra loro, in silenzio, tenendo lo scettro, stava sul solco, allegro in cuore. Gli araldi in disparte sotto una quercia allestivano il banchetto, e, sacrificato un gran bue, lo imbandivano; le donne versavano sopra molta farina bianca, pranzo dei mietitori.
”Nell’immagine, moneta di Metaponto con spiga, risalente al VI a.C."

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